RICERCARE IL NUOVO, PROCEDERE E IMPARARE SEMPRE DI PIÙ
Noi tutti impariamo se ci predisponiamo a fare quello sforzo in più per capire qualcosa che ancora non conosciamo. Se accettiamo la sfida che venga alzato man mano il livello di ciò che ci viene richiesto, possiamo apprendere un nuovo concetto o una nuova abilità.
Come nei precedenti articoli, anche per questo mi sono ispirata ad un criterio di mediazione del Metodo Feuerstein (vedi link sotto). Questo criterio si chiama: “Mediazione del comportamento di sfida a se stesso, ricerca della novità e della complessità”.
Imparare cose nuove
Per apprendere qualcosa di nuovo, dobbiamo avere gli strumenti per integrarlo nel nostro repertorio di conoscenze, agganciandolo ad abilità che già possediamo per andare oltre. Questo “oltre” deve essere sufficientemente vicino alle nostre competenze, per poterlo affrontare, ma abbastanza distanziato per risultare interessante, motivarci ed attivarci.
Deve offrire uno stimolo a procedere che possa essere considerato alla nostra portata, pur se ci richiederà un po’ di impegno o di fatica.
Ad esempio: sappiamo già nuotare, ma conosciamo ormai bene solo uno stile, che utilizziamo per diletto personale. Se volessimo migliorare, probabilmente non chiederemmo all’istruttore di continuare ad allenarci in quello stile che già padroneggiamo. Vorremmo che ci aiutasse ad imparare un nuovo stile, che ancora non conosciamo o eseguiamo in modo sbagliato.
L’apprendimento, in questo caso, si fonderebbe su abilità già elevate e sarebbe alla nostra portata. Mentre, nel caso di chi non sapesse ancora nuotare, sarebbe necessario partire dalle basi (acquaticità, galleggiamento, coordinazione motoria e del respiro, ecc.).
Ogni nuovo stimolo, per essere appreso, dovrebbe perciò andare al di là delle nostre conoscenze già stabilizzate, ma non essere troppo lontano da queste. Dovrebbe collocarsi in quella dimensione chiamata dal famoso psicologo russo Lev S. Vygotzky “zona di sviluppo prossimale”.
Una specie di area di mezzo tra ciò che conosciamo già e ciò che ancora non conosciamo ma che, ragionevolmente, pensiamo di poter apprendere. Una zona in cui potersi addentrare per un nuovo apprendimento con la consapevolezza di avere buone possibilità e probabilità di riuscita.
Stimolare l’adattamento
Un buon insegnante, mediatore, un genitore o, in generale, chi abbia un compito educativo, punterà ad alzare in modo progressivo il livello delle richieste che propone. Lavorerà sulle potenzialità della persona, su ciò che ancora non è evidente nel suo comportamento, ma che contiene o fa intravedere i presupposti per emergere.
Dovrà stimolare e sviluppare abilità sempre maggiori, senza creare resistenza per il timore di un fallimento, né noia se le proposte fossero troppo ripetitive o sotto dimensionate. La sfida dovrà essere naturalmente (o, almeno, il più possibile) interessante per motivare chi deve affrontarla, attivarne la curiosità e la voglia di sperimentare.
Questa modalità ed attenzione a ricercare nuove abilità ed a progredire è alla base della nostra capacità di adattamento, necessaria per affrontare le diverse situazioni che incontriamo.
Tutto questo percorso va guidato, come sempre, nel rispetto dei tempi, della condizione emotiva e della sensibilità di ciascuno, in modo che il procedere risulti armonioso.
Pensiamo ad una scala sonora, in cui le note musicali si rincorrono e crescono in modo naturale. Ogni suono viene anticipato dal precedente, si appoggia su di esso e prepara al successivo, progredendo con graduale armonia.
Comunicare fiducia e incoraggiamento
Naturalmente ciò dipende sempre dalla situazione del bambino-ragazzo-allievo. In alcuni casi di difficoltà di apprendimento, ad esempio, possono essere necessari tempi lunghi e molte ripetizioni per far comprendere concetti ed abilità e per stabilizzarli.
Dipende anche da ciò che si sta insegnando. In determinati ambiti molto complessi dal punto di vista tecnico, (strumento musicale, danza, atletica, ecc.) ripetizioni ed esercitazioni numerose sono evidentemente necessarie.
Ma anche in questi casi, l’ottica sarà sempre quella di individuare e far intravedere il prossimo passo, quello scalino che richiede quel piccolo passaggio in più. Un’ottica fiduciosa e incoraggiante che può guidare e sostenere la persona nel mettersi ancora alla prova immaginando di poter riuscire.
In tutti i casi, di fronte ad una sfida da affrontare, è importante e necessario il sostegno di chi guida in un percorso. La soddisfazione e, a volte, lo stupore che si provano ad aver affrontato quella difficoltà, aver raggiunto quel traguardo, avere superato se stessi, saranno impagabili.
Il piacere di affrontare una sfida
Ogni cambiamento, lo sappiamo, porta in genere con sé un po’ di incertezza, di ansia di fronte a qualcosa di non familiare, la sensazione di non avere il controllo della situazione. Essere (e diventare) capaci di adattarsi al cambiamento, alle novità, alla grande complessità di ciò che ci circonda, è una competenza fondamentale.
È, peraltro, sempre più necessaria oggi, in un mondo in continua e rapida trasformazione, che richiede tanta flessibilità di pensiero e di applicazioni pratiche.
La vera e grande sfida educativa è anche quella di far provare alla persona il desiderio e l’intenzione di apprendere qualcosa di nuovo e di vivere quell’esperienza. Se chi educa riesce a trasmettere questa curiosità e questa spinta verso il nuovo, sta offrendo l’occasione di sostenere l’autostima e costruire il proprio miglioramento.
È un percorso pedagogico attento e profondo, che tiene conto di tutte le variabili in campo per dare maggiori opportunità di ampliare le proprie vedute.
Con i bambini
Con i bambini si può naturalmente usare il gioco per ogni tipo di apprendimento per stuzzicare in loro la curiosità e la voglia di provare nuove esperienze.
Le piccole e grandi conquiste in ogni ambito: autonomie personali e sociali, capacità cognitive e i diversi apprendimenti, vanno favorite e incoraggiate con costante gradualità. Si può stimolarne il miglioramento in vari modi:
- ad esempio, nel linguaggio, è bene ampliare man mano il lessico ed il repertorio di frasi da utilizzare sia nelle stesse situazioni, che in occasioni diverse. Si cercherà di affrontare gradualmente le varie e complesse possibilità, l’aumento della capacità di astrazione, la comprensione e la produzione sempre più raffinate.
- partendo da competenze già consolidate, si possono proporre esperienze nuove in cui applicarle. Ad esempio, passare dal nuoto in piscina al nuotare al mare o al lago. Ampliare le possibilità di andare in bicicletta dal parco giochi alla pista ciclabile e poi in percorsi più trafficati. Utilizzare le nuove competenze nel fare le varie operazioni di aritmetica, per aiutare la mamma a contare le dosi degli ingredienti di un dolce. Servono anche per il conto della spesa o per valutare quanto tempo servirà per risparmiare i soldi della mancetta per acquistare quel giocattolo che si desidera
- far riflettere sul fatto che azioni simili servono per fare attività diverse. Ad esempio: impugnare una forchetta o una penna, svitare un coperchio o aprire un rubinetto, versare l’acqua in un bicchiere o dar da bere alle piante, ecc. Viceversa, considerare che azioni diverse servono per fare attività simili. Ad esempio: allacciarsi le scarpe con i lacci o il velcro, arrampicarsi con una corda o su un muretto, salutare con la mano o la voce. I bambini “sanno” già queste cose e forse, essendo molto attratti dai particolari, le notano più di noi adulti, che ormai le diamo per scontate. Però, in genere li diverte molto focalizzarsi su analogie e differenze e, soprattutto, trovare i loro esempi e mostrarci le loro scoperte.
Collegamenti
Forse starete già intravedendo i collegamenti con diverse altre competenze descritte negli articoli precedenti sui criteri di mediazione del metodo Feuerstein. In particolare con la mediazione: del sentimento di competenza; della ricerca e scelta di un obiettivo; della regolazione e controllo del comportamento. Naturalmente, anche con la mediazione della consapevolezza della modificabilità dell’essere umano.
Ma in realtà i collegamenti tra tutti i vari criteri, il loro significato e la loro importanza, sono molteplici ed i diversi aspetti da tenere presente sono costantemente intrecciati tra loro nel lavoro di mediazione educativa.
Sotto trovate i link di alcuni articoli precedenti.
Per proseguire:
I TRE CRITERI PRINCIPALI E IMPRESCINDIBILI DI MEDIAZIONE
Per proseguire la descrizione delle modalità educative ispirate ai criteri di mediazione del Metodo Feuerstein, mancano ancora quattro criteri, dei tredici complessivi.
I primi tre sono imprescindibili e, senza essi, non potrebbe esistere un buon processo educativo e di mediazione degli apprendimenti. Non li ho descritti prima per non rischiare di lasciarli indietro e sminuirli con il racconto dei criteri successivi o di farli percepire come “ovvi” o “banali”. Ho voluto, per così dire, “creare il terreno” per comprenderli meglio, “seminando indizi” nei contenuti degli articoli precedenti.
Questi tre criteri sono: “Mediazione di intenzionalità e reciprocità”, “Mediazione della trascendenza” e “Mediazione del significato”.
L’ultimo – il tredicesimo: “Mediazione della consapevolezza” – “chiude il cerchio” e mira a raccogliere i frutti del lavoro educativo che, se svolto bene, potrà portare i risultati desiderati.
Li troverete nei prossimi articoli.
23 giugno2021
Cari genitori
Cari genitori, come si può ben comprendere, questo è un tema molto vasto, (collegato ai precedenti articoli) che in un blog può venire solo accennato. Riguarda la crescita armoniosa ed equilibrata dei vostri figli, il loro benessere e il desiderio che realizzino la propria vita in modo felice.
– Voi genitori potete sentire il bisogno di essere accompagnati in un vostro percorso di valutazione e rielaborazione pedagogica di: obiettivi, scelte, stile educativo e relazionale. La vostra disponibilità a voler comprendere i punti di forza che avete, ma anche le difficoltà che provate, i dubbi, le possibili contraddizioni, è fondamentale e preziosa.
– Forse anche i vostri figli, preadolescenti e adolescenti, possono provare il desiderio di confrontarsi con qualcuno di esterno alla famiglia. Se vivono un periodo di confusione riguardo il loro presente o futuro, possono cercare uno spazio di ascolto e di rielaborazione dei propri pensieri e vissuti. Il colloquio pedagogico, di tipo formativo e non terapeutico, può essere di supporto alla crescita della persona e di potenziamento delle risorse personali. Può aiutarli a conoscersi meglio e ad attivarsi con consapevolezza per il proprio benessere.
Per eventuali richieste di incontri, in studio o in videochiamata, potete contattarmi attraverso il modulo “contatti”:
http://www.educazionequotidiana.it/contatti/
Link a precedenti articoli
https://www.educazionequotidiana.it/leducazione-non-ha-eta/il-metodo-feuerstein/
https://www.educazionequotidiana.it/quante-emozioni/favorire-il-senso-di-competenza-dei-bambini/
https://www.educazionequotidiana.it/quante-emozioni/educare-a-ricercare-alternative-positive/
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