ACCOMPAGNARE E GUIDARE L’ALTRO
I tre criteri principali e imprescindibili di mediazione
Negli articoli precedenti di questa serie ho utilizzato, come spunti e idee per gli argomenti trattati, i vari criteri di mediazione del Metodo Feuerstein. Per proseguire la descrizione delle modalità educative e formative ispirate ad essi, mancano ancora quattro criteri, dei tredici complessivi.
I primi tre sono universali e, senza essi, non potrebbe esistere un buon processo educativo e di mediazione degli apprendimenti. Non li ho descritti prima per non rischiare di “lasciarli indietro” con il racconto dei criteri successivi o di farli percepire come ovvi o banali. Ho voluto, per così dire, preparare il terreno per comprenderli meglio, seminando “indizi” nei contenuti che avete già letto.
Questi tre criteri sono: “Mediazione di intenzionalità e reciprocità”, “Mediazione della trascendenza” e “Mediazione del significato”. L’ultimo – il tredicesimo: “Mediazione della consapevolezza” – “chiude il cerchio” e mira a raccogliere i frutti del lavoro educativo che, se svolto bene, potrà portare i risultati desiderati.
L’intenzione pedagogica e l’attivazione della risposta
Continuiamo questa serie con il primo, fondamentale criterio: “Mediazione di intenzionalità e reciprocità”. È il presupposto per iniziare un percorso di apprendimento-educazione-formazione e apre la strada all’utilizzo consapevole e responsabile di tutti gli altri.
Man mano pubblicherò gli articoli che riguardano anche il secondo, il terzo ed il tredicesimo criterio.
L’intenzionalità
Perché un processo di mediazione di un apprendimento e di formazione venga considerato tale, è necessario che ci sia prima di tutto l’intenzionalità educativa. Serve avere chiaro il motivo per cui si dà quell’esempio o comunicazione e che l’azione sia mirata nella scelta dei contenuti e delle modalità con cui proporli.
Evidentemente, non tutte le interazioni hanno uno scopo educativo, nemmeno tra adulti e bambini. Sembra qualcosa di ovvio, ma, se possiamo dire che ogni situazione può prestarsi a diventare un’occasione educativa, in realtà non sempre ciò accade. Le interazioni con bambini (estranei, conoscenti, parenti) possono essere occasionali, brevi, incontri anche piacevoli, senza però alcuna intenzionalità o valenza educativa.
È importante certamente la spontaneità del momento e di sicuro non è possibile essere in “modalità insegnamento” ventiquattr’ore al giorno, nemmeno per dei genitori. Tuttavia, vale la pena di tenere ben presente che un’esperienza, un dialogo, un’attività nuova o anche consueta, possono trasformarsi in preziosi spunti di riflessione.
È necessario che, chi si assume un compito di guida, lo faccia con consapevolezza ed un senso di responsabilità. Deve avere l’idea – almeno il più possibile – di ciò che vuole trasmettere alla persona che gli si affida, di quale sia l’obiettivo di quell’insegnamento. Questo si raggiunge attraverso i comportamenti e l’esempio che ne deriva o grazie a processi più direttamente dedicati a qualche tipo di apprendimento.
In un processo di apprendimento, inteso ad esempio in senso didattico, il mediatore deve avere ben presente la persona che ha di fronte e le sue caratteristiche, per adattare al meglio ogni proposta. Se condotto bene, l’apprendimento risulterà trasformativo sia della persona che lo ha ricevuto che del mediatore stesso, in un incontro di emozioni condivise.
La reciprocità
Perché quanto detto sopra si verifichi, servirà naturalmente che il bambino, l’alunno o l’allievo in generale, presti in qualche modo attenzione a quanto gli viene detto o mostrato. Nell’interazione educativa serve che vi sia una reciprocità, complementare all’intenzionalità, che si attivi un interesse, anche se minimo, che la persona sia in ascolto.
Altrimenti sarebbe come “parlare al vento”, che è poi la sensazione che molti genitori-insegnanti-educatori provano di fronte ad alcuni bambini o ragazzi che sembrano disinteressati. Figli o alunni che pare non ascoltino, non prestino attenzione, che danno insomma l’impressione di essere altrove.
Curare prima di tutto questo aspetto, catturare gli sguardi, cercare di ottenere l’attenzione della persona è il punto di partenza. Riuscire a trasmettere in modo interessante un concetto, un’idea, un pensiero o una nozione non è cosa da poco.
Ricevere qualche segnale di risposta, domande che facciano capire che sono attive l’attenzione e la volontà di comprendere, è fondamentale. Se mancano, questi feedback, si possono attivare con domande, incoraggiamento, pazienza e disponibilità.
Stimolare, interessare, affascinare
I genitori che stimolano i loro bambini, fin da piccoli, ad apprendere attraverso il gioco ed il buon umore, anche abilità personali e sociali necessarie, sanno cosa vuol dire. Vedono negli sguardi dei figli quella luce derivante dal piacere di imparare e di riuscire e dalla loro attenzione accesa al massimo. Forse anche quando devono seguirli nei compiti, iniziare con loro discorsi importanti, trasmettere valori o concordare regole, riescono a farlo in modo sereno e interessante.
Gli insegnanti che, oltre ad essere empatici, riescono ad affascinare i loro alunni, a trasmettere la propria passione per un argomento, sono in genere anche quelli più amati.
Educatori, allenatori, insegnanti di competenze artistiche come suonare uno strumento, danzare o altro, sanno bene che ogni buon apprendimento richiede buona motivazione. Richiede la partecipazione emotiva, corporea, oltre che cognitiva, la messa in gioco della persona nella sua globalità, l’utilizzo di più canali sensoriali.
Un apprendimento avviene con successo se è sostenuto dalla curiosità e dall’impegno, che emergono se vengono trasmessi e chiariti intenzioni e significati. Il tutto va poi alimentato in un processo che tenga conto sia di come si insegna che di come si apprende, due aspetti complementari collegati da delicati equilibri.
Con i bambini
Naturalmente, come sempre, l’esempio che si dà ai bambini è la prima fonte di “insegnamento” che avviene spesso senza la nostra piena consapevolezza. Sono sempre i fatti ed i comportamenti, prima delle parole, a dare informazioni, idee, formare convinzioni e quant’altro e lo sappiamo bene. Però, ci sono momenti o occasioni significative, che richiedono qualche attenzione e spiegazione in più.
Anche senza assumere toni seri o noiosi si può far capire ad un bambino che quello che si sta per comunicare o fare è qualcosa di importante, con semplici accorgimenti. Più è piccolo, più servirà tenere conto delle sue capacità ed adattare a lui azioni e modalità, anche giocose, per attivare il suo interesse. Ecco qualche semplice suggerimento che è sempre bene tenere a mente:
- abbassarsi alla sua altezza per guardarsi negli occhi e avere la sua attenzione
- anticipare il perché si sta facendo o dicendo qualcosa, dare una motivazione che gli faccia capire che si desidera essere guardati e ascoltati
- incoraggiarlo a porre tutte le domande che ha in mente, perché ognuna di esse può segnalare un suo pensiero unico e importante
- stimolare la sua partecipazione con domande aperte, che lo aiutino a trovare le sue risposte e soluzioni
- se si vuole proporre qualcosa da fare insieme, anticipargli le proprie intenzioni e motivazioni, ascoltando le sue
- anche se si deve riprendere un suo comportamento scorretto, è importante agire e parlare con calma, in modo incoraggiante e aperto
- ascoltare con interesse ciò che ha da dire, osservarne le modalità, cogliere le emozioni sottostanti, per favorire uno scambio e una buona comunicazione.
Cari genitori
Cari genitori, come si può ben comprendere, questo è un tema molto vasto, (collegato ai precedenti articoli) che in un blog può venire solo accennato. Riguarda la crescita armoniosa ed equilibrata dei vostri figli, il loro benessere e il desiderio che realizzino la propria vita in modo felice.
– Voi genitori potete sentire il bisogno di essere accompagnati in un vostro percorso di valutazione e rielaborazione pedagogica di: obiettivi, scelte, stile educativo e relazionale. La vostra disponibilità a voler comprendere i punti di forza che avete, ma anche le difficoltà che provate, i dubbi, le possibili contraddizioni, è fondamentale e preziosa.
– Forse anche i vostri figli, preadolescenti e adolescenti, possono provare il desiderio di confrontarsi con qualcuno di esterno alla famiglia. Se vivono un periodo di confusione riguardo il loro presente o futuro, possono cercare uno spazio di ascolto e di rielaborazione dei propri pensieri e vissuti. Il colloquio pedagogico, di tipo formativo e non terapeutico, può essere di supporto alla crescita della persona e di potenziamento delle risorse personali. Può aiutarli a conoscersi meglio e ad attivarsi con consapevolezza per il proprio benessere.
Per eventuali richieste di incontri, in studio o online, potete contattarmi attraverso il modulo “contatti”:
http://www.educazionequotidiana.it/contatti/
Link a precedenti articoli
https://www.educazionequotidiana.it/leducazione-non-ha-eta/il-metodo-feuerstein/
18 settembre 2021
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