Dar voce alle emozioni dei bambini

Forse, per il tipo di educazione che abbiamo ricevuto, molti di noi sono cresciuti senza l’abitudine a parlare delle proprie emozioni e, forse, anche senza una vera e propria capacità di riconoscerle nel proprio animo. Nel divenire genitori, tuttavia, coltivare l’intelligenza emotiva, come già scritto nell’articolo precedente ( L’intelligenza emotiva: una capacità preziosa da coltivare ), assume una posizione di primo piano, data la sua importanza nella crescita equilibrata e serena dei bambini.
Per riuscirci, un’abitudine molto importante e utile è sicuramente quella di dar voce alle emozioni del vostro bambino: ad esempio, se lo vedete arrabbiato e capite che non riesce a controllarsi, né ad esprimere la sua rabbia con le parole, potete aiutarlo con il vostro atteggiamento calmo e accogliente, chinandovi verso di lui, guardandolo negli occhi e dicendogli: “Sei molto arrabbiato! Lo vedo! Si sta male quando si è arrabbiati, lo so perché succede anche a me”.
Potete dargli un goccio d’acqua da bere e rassicurarlo, invitandolo a respirare a fondo ed a calmarsi perché possiate capire cosa sta succedendo e così aiutarlo meglio.
Se diventa aggressivo verso di voi è meglio, prima di tutto, prima ancora delle parole, abbracciarlo in modo avvolgente, così da “contenerlo” fisicamente e fargli sentire che voi siete in grado di proteggerlo, anche da se stesso.
Inutile, spesso, chiedergli perché è arrabbiato, dato che quasi sicuramente non lo sa o non ve lo sa spiegare. Magari potete cercare di capire cosa può averla scatenata: ad esempio “Forse è perché quel bambino ti ha preso il tuo giocattolo?” oppure “È perché prima ti ho detto di no?” , ecc., in base a quello che, in quel momento, vi sembra possa essere accaduto.
Per capire e “ricostruire” quello che è successo, più un bambino è piccolo più ha bisogno di essere guidato dall’adulto.
Il vostro dire, il vostro parlargli di quella emozione (ad esempio la rabbia), è un modo di portare su un altro livello, quello verbale, qualcosa che ha agito prima come pulsione e, subito dopo, a livello corporeo. Le vostre parole gli entrano dentro come pensiero e lo aiutano a capire un po’ di più quello che prova, a conoscersi meglio.
Inoltre gli fate sentire che non lo giudicate, né lo condannate per ciò che prova, ma che invece lo comprendete, che non è l’unico a provare quell’emozione: la rabbia c’è, esiste, la proviamo tutti ogni tanto e bisogna imparare a controllarla.
È un punto di partenza molto importante, che vi aiuta ad entrare in contatto con il vostro bambino anche quando vi sembra che lui non voglia ascoltarvi.
Il vostro atteggiamento calmo e rassicurante sarà un balsamo per lui ed il suo stato d’animo e potrà aiutarlo pian piano a calmarsi. Lo farà sentire al sicuro perché sentirà che voi sapete come fare, avete la situazione sotto controllo, non vi fate “sfasciare” dalla sua esplosione aggressiva.
Queste attenzioni valgono per tutte le emozioni, quelle “difficili” da provare, come la tristezza, la preoccupazione, la gelosia, ecc. ma anche quelle più belle, come la gioia, la felicità, l’eccitazione per qualcosa di nuovo.
Tutte le emozioni vanno riconosciute e comprese e, dare un nome a ciascuna di esse per creare una specie di lessico emotivo, è un primo, fondamentale passo, per farle divenire familiari, per sapere che si possono tollerare e gestire senza rischiare di divenirne preda o di temere il loro potere, per sentirle parte di sé come una grande personale insostituibile ricchezza.
1 gennaio 2018
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